E' passato un anno dal grande successo del NO al referendum costituzionale sulla riforma voluta da Renzi ed il suo governo. E' giunto il tempo di fare un bilancio: com'è la situazione oggi? Sul far dell'estate, lo scenario politico italiano sembrava ancora ibernato, come se quell'esito avesse costituito una sorta di azzeramento degli sviluppi futuribili. Eppure quel voto, che ha fatto registrare la più alta affluenza alle urne per un referendum dal 1993 in poi, ha segnato un tornante decisivo nella storia repubblicana. In quel 1993 di referendum se ne svolsero ben 8 (di tipo abrogativo e non confermativo di una riforma costituzionale come in questo caso) tra cui, come noto, quello che diede il via all'introduzione del sistema elettorale maggioritario. Da allora, si sono susseguiti i tentativi di adottare sistemi ancor più maggioritari, sia cercando di abolire la residua quota proporzionale del cosiddetto “mattarellum”, sia con il cosiddetto “porcellum”, introdotto dal governo Berlusconi nel 2006, con cui veniva attribuito il 54% dei seggi alla coalizione che prendeva più voti, a prescindere da quanti suffragi abbia effettivamente ottenuto. Si è trattato di una mostruosità giuridica che solo recentemente la Corte Costituzionale ha (in parte) sanato, e con la quale sono stati eletti gli ultimi tre Parlamenti.
In quello stesso 2006 il governo Berlusconi adottò, con una maggioranza che non andava al di là della sua stessa coalizione, una riforma che cambiava più di 50 articoli del testo costituzionale, introducendo una sorta di premierato forte in cui il capo di governo avrebbe avuto addirittura il potere di imporre lo scioglimento delle camere al presidente della Repubblica. Allora, come noto, il centrosinistra all'opposizione chiese il referendum confermativo con cui fu respinta la riforma. Andò a votare poco più del 50% degli elettori ed i NO superarono il 61%. La Costituzione dimostrò già allora di essere “sana e robusta”, ed il dispositivo previsto all'art.138 si rivelò un forte anticorpo nei confronti dei tentativi di manomissione in senso autoritario.
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