Con la brutalizzazione dell'art.81 della Costituzione, si è rotto il patto fondativo della Repubblica democratica fondata sul lavoro.
Che sta succedendo? Anche quelli de “La Fornace” sono stati travolti dall'ondata di anti-politica montante? No, non ce l'abbiamo con i nuovi scandali che quasi quotidianamente investono leader politici facenti parte più o meno di tutti i partiti (se così ha senso ancora chiamarli), dal loro finanziamento (il)lecito, al caso Mills, da Ruby alle tangenti, dalle lottizzazioni ai diamanti della Lega.
No. Ce l'abbiamo proprio con il governo Monti, e con lo stile sobrio e rigoroso del suo governo. E non solo a causa delle sue manovre correttive che stanno ammazzando il Paese, non soltanto per il progressivo smantellamento del sistema previdenziale pubblico, del sistema di tutele e diritti del lavoro, della sanità pubblica e dell'istruzione pubblica (motore di sviluppo). Ce l'abbiamo con la sua maggioranza parlamentare, per la devastazione della Carta Costituzionale operata sotto una coltre fittissima di silenzio in questi mesi. Il 17 aprile di quest'anno, infatti, è stata approvata dal Senato, in quarta ed ultima lettura, la modifica degli articoli 81, 97, 117 e 119. In tutte le quattro letture (due alla Camera e due al Senato), i parlamentari di PDL, UDC, FLI e PD hanno votato a favore di questa modifica in modo quasi unanime,1 così da raggiungere il quorum dei due terzi ed impedire la possibilità, quindi, che tale modifica potesse essere sottoposta a referendum confermativo, cioè al vaglio della volontà popolare.