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di Fabrizio simoncini

Da un po’ di tempo a questa parte al festival di Berlino gli italiani che vengono premiati non sono film o attori in concorso ma personalità che hanno fatto la storia del cinema italiano (vedi quest’anno il premio alla carriera a Francesco Rosi) o il premio speciale dato l’anno scorso a Gianni Minà per i suoi documentari su Fidel Castro e Che Guevara.

Questo deve far riflettere sui motivi che fanno sì che il cinema italiano possa dichiararsi ufficialmente in crisi. Da tempo quando si va al cinema si resta delusi dalla tipologia dei lungometraggi che il nostro “belpaese” propone. Personaggi stereotipati e situazioni trite conditi in salsa di commedia drammatica.

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di Roberto Ferretti

E’ il festival cinematografico più longevo del mondo, e pure il più italiano, non solo perché batte bandiera tricolore bensì per il congenito caos organizzativo dal quale non riesce a emarginarsi. Tutto ebbe inizio nell’agosto del 1932, in pieno ventennio fascista, grazie a una intuizione del conte Giuseppe Volpi di Misurata (di qui l’omonima coppa Volpi il premio per le migliori interpretazioni maschili e femminili). Il palazzo del cinema ancora non esisteva e la piccola mostra del cinema si tenne sulla terrazza dell’Hotel Excelsior, bellissimo albergo in stile Moresco. La sera del 6 Agosto venne proiettato il primo film: “Il dottor Jekyll” di Rouben Mamoulian. La kermesse venne poi interrotta con la guerra e ripresa solo nel ’46. Nel frattempo i cugini d’oltralpe, che non erano dei pivelli, avevano già messo in piedi un concorrente temibile, il Festival di Cannes, costringendo Venezia a slittare a metà settembre.

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