di Roberto Ferretti
Venezia 66 ha chiuso i battenti lasciandosi alle spalle una delle rassegne più interessanti e divertenti degli ultimi anni. Bravo il direttore della mostra internazionale Marco Müller, per la sensibilità denotata nel cogliere il malessere che la scorsa edizione serpeggiava tra il pubblico e tra gli addetti ai lavori, originato dai film, tanti e troppo deprimenti, a tal punto da renderne addirittura faticosa la visione. Bravo anche a mettere in piedi una kermesse all’altezza della situazione, nonostante la preoccupante concentrazione di grandi registi, tra i più importanti della scena internazionale vecchia e nuova, presenti questa primavera alla mostra del cinema di Cannes.
Il direttore Müller ha aggirato sapientemente il problema portando a Venezia molti giovani cineasti dalle notevoli capacità, affiancandoli ad alcuni maestri che da anni non si cimentavano più nella realizzazione di film. Stiamo parlando, ad esempio, di Jacques Rivette, uno dei padri della nouvelle vague, o del ritorno di Werner Herzog, dopo anni di solo documentari e regie teatrali, con ben due film in concorso: per poi sbalordire tutti con il mito George A. Romero, per gli amanti del genere horror, padre di tutti gli zombi in concorso con “Survival of the Dead”.