di Andrea Manganaro
L’esito delle elezioni politiche dello scorso anno, come si ricorderà, ha avuto dell’incredibile. Complice di questo esito è stata senz’altro la nuova legge elettorale, approvata in fretta e furia negli ultimi mesi della scorsa legislatura dalla vecchia maggioranza, e battezzata “la porcata” da uno dei suoi stessi ideatori.
Alla Camera dei Deputati, dove è prevista l’assegnazione di 340 seggi (su un totale di 630) per la coalizione che ottiene il maggior numero di voti su base nazionale, la coalizione di centrosinistra ha vinto con uno scarto di circa 25mila voti, corrispondenti a circa il 6-7 per mille dei votanti. Al Senato della Repubblica, invece, dove la coalizione di centrodestra ha preso quasi 400mila voti in più,[1] la legge elettorale prevede l’assegnazione del premio di maggioranza su base regionale, in ossequio al dettato costituzionale che prescrive questo tipo di obbligo alla Camera alta. E’ evidente, pertanto, che per godere di un’ampia maggioranza al Senato, ad una coalizione non è sufficiente ottenere la maggioranza, ancorché relativa, dei voti su base nazionale, ma dovrà anche vincere all’interno di quasi tutte le regioni, ciò che risulta piuttosto difficile, se si tiene conto dell’eterogenea caratterizzazione politica del territorio italiano. In caso contrario, infatti, la coalizione vincente non potrà che disporre di una risicata maggioranza.
L’esito elettorale del 2006 è stato incredibile, come si ricorderà, non solo per l’estremo equilibrio di suffragi ottenuti dalle due coalizioni, ma soprattutto perché, secondo quanto previsto da quasi tutti i sondaggi della vigilia e dagli exit-poll comunicati alla chiusura dei seggi, ci si attendeva una vittoria abbastanza netta della coalizione di centrosinistra. Benché la coalizione di centrosinistra abbia tradizionalmente ottenuto meno voti con il sistema elettorale proporzionale, piuttosto che con quello maggioritario, quasi tutti i sondaggi e gli stessi exit polls erano concordi nell’assegnare al centrosinistra circa cinque punti percentuali di vantaggio. Anche i primi voti scrutinati sembravano effettivamente confermare un leggero vantaggio per il centrosinistra, ma man mano che pervenivano i dati dei voti scrutinati dal Viminale, però, lo scarto tra le due coalizioni tendeva ad assottigliarsi fino ad annullarsi del tutto: è successo nella serata di lunedì 10 aprile, dopo la chiusura dei seggi, per i voti scrutinati del Senato, e si è ripetuto nel corso della nottata per i voti della Camera. Tra i dati stimati in modo errato dagli exit poll, in particolare, c’era quello di Forza Italia, sottostimato di circa 4 punti percentuali rispetto al dato effettivo; quanto agli altri partiti, le stime fornite sono ricadute tutte, invece, nelle “forchette” indicate dagli istituiti demoscopici.
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