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di Francesco Guerra

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A poco tempo fa, risale la pubblicazione di un documento della Congregazione per la dottrina della fede, la quale, dopo venti anni di presidenza ratzingeriana, vede oggi a capo il cardinale americano William Levada. Tale documento intende precisare alcune ‘cattive’ interpretazioni in cui, nel corso del tempo, sarebbe incorso il Concilio vaticano II.
Venendo alla sostanza, il testo della Congregazione per la dottrina della fede, che ha ricevuto l’approvazione del papa, si concentra sull’affermazione della Lumen gentium, costituzione apostolica del Concilio vaticano II. Qui si dice che la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica. La presenza del verbo sussiste aveva sempre lasciato intendere che oltre alla chiesa cattolica ci fosse spazio anche per altre chiese cristiane. Questa interpretazione, nel testo in questione, è stata respinta con forza e in via definitiva.

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di Andrea Manganaro

In occasione delle prossime elezioni politiche, la scelta per l'elettore è quanto mai complessa per diversi motivi: in primo luogo, la rapidità ed imprevedibilità della crisi politica che ha portato allo scioglimento anticipato delle camere; in secondo luogo, l'improvviso fiorire di nuove formazioni politiche e di nuove coalizioni; in terzo luogo, la complessità della (pessima) legge elettorale con cui si andrà a votare che, peraltro, non consente all'elettore nemmeno di scegliere il candidato preferito all'interno della lista prescelta. L'obiettivo di questo breve saggio è quello di valutare tecnicamente quale debba essere il voto ottimale per un ipotetico elettore incerto sulla scelta da fare, ma avverso alla coalizione di centro-destra composta da “Popolo delle Libertà” (PDL), “Lega Nord” ed il Movimento autonomista (MPA). Il ragionamento va distinto per le due camere poiché, come noto, alla Camera dei Deputati il premio di maggioranza è assegnato su base nazionale, mentre al Senato è assegnato su base regionale, rendendo così ancora più incerto l'esito finale.

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di Andrea Manganaro

L’esito delle elezioni politiche dello scorso anno, come si ricorderà, ha avuto dell’incredibile. Complice di questo esito è stata senz’altro la nuova legge elettorale, approvata in fretta e furia negli ultimi mesi della scorsa legislatura dalla vecchia maggioranza, e battezzata “la porcata” da uno dei suoi stessi ideatori.

Alla Camera dei Deputati, dove è prevista l’assegnazione di 340 seggi (su un totale di 630) per la coalizione che ottiene il maggior numero di voti su base nazionale, la coalizione di centrosinistra ha vinto con uno scarto di circa 25mila voti, corrispondenti a circa il 6-7 per mille dei votanti. Al Senato della Repubblica, invece, dove la coalizione di centrodestra ha preso quasi 400mila voti in più,[1] la legge elettorale prevede l’assegnazione del premio di maggioranza su base regionale, in ossequio al dettato costituzionale che prescrive questo tipo di obbligo alla Camera alta. E’ evidente, pertanto, che per godere di un’ampia maggioranza al Senato, ad una coalizione non è sufficiente ottenere la maggioranza, ancorché relativa, dei voti su base nazionale, ma dovrà anche vincere all’interno di quasi tutte le regioni, ciò che risulta piuttosto difficile, se si tiene conto dell’eterogenea caratterizzazione politica del territorio italiano. In caso contrario, infatti, la coalizione vincente non potrà che disporre di una risicata maggioranza.

L’esito elettorale del 2006 è stato incredibile, come si ricorderà, non solo per l’estremo equilibrio di suffragi ottenuti dalle due coalizioni, ma soprattutto perché, secondo quanto previsto da quasi tutti i sondaggi della vigilia e dagli exit-poll comunicati alla chiusura dei seggi, ci si attendeva una vittoria abbastanza netta della coalizione di centrosinistra. Benché la coalizione di centrosinistra abbia tradizionalmente ottenuto meno voti con il sistema elettorale proporzionale, piuttosto che con quello maggioritario, quasi tutti i sondaggi e gli stessi exit polls erano concordi nell’assegnare al centrosinistra circa cinque punti percentuali di vantaggio. Anche i primi voti scrutinati sembravano effettivamente confermare un leggero vantaggio per il centrosinistra, ma man mano che pervenivano i dati dei voti scrutinati dal Viminale, però, lo scarto tra le due coalizioni tendeva ad assottigliarsi fino ad annullarsi del tutto: è successo nella serata di lunedì 10 aprile, dopo la chiusura dei seggi, per i voti scrutinati del Senato, e si è ripetuto nel corso della nottata per i voti della Camera. Tra i dati stimati in modo errato dagli exit poll, in particolare, c’era quello di Forza Italia, sottostimato di circa 4 punti percentuali rispetto al dato effettivo; quanto agli altri partiti, le stime fornite sono ricadute tutte, invece, nelle “forchette” indicate dagli istituiti demoscopici.

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