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Come si era già anticipato, "La Fornace" ha partecipato a varie attività del festival delle culture anti-fasciste, ed ha altresì partecipato al maggio anti-fascista di Casalecchio, Nell’ambito del festival, in particolare, alcuni di noi hanno seguito il dibattito sul caso jugoslavo (“tra ricerca storica, rimozioni e disinformazione”), ed in particolare sui vari tentativi revisionistici sulla ricostruzione della resistenza in Jugoslavia. In questo stesso ambito, altri soci hanno seguito lo spettacolo teatrale sul campo di concentramento di Jasenovac, il più grande della seconda guerra mondiale in Jugoslavia. Per mantenere viva la memoria su questa questione, e proseguire il dibattito, pubblichiamo qui di seguito un paragrafo di una tesi sui fondamenti geopolitici della crisi jugoslava, scritta da uno di noi nel lontano 1993.

LA MORTE DELLA JUGOSLAVIA MONARCHICA E LA RINASCITA POST-BELLICA

 Gli equilibri precari scaturiti dai trattati di Saint-Germain e di Sèvres, al termine della Prima Guerra Mondiale, non sono stati in grado di risolvere in maniera stabile la spinosa Questione d'Oriente; va infatti segnalato che molti degli Stati balcanici sono da allora progressivamente caduti nei due decenni successivi sotto il controllo di regimi autoritari e dittatoriali. Anche il Regno jugoslavo, come s'è visto, logorato dalla contraddizione interna serbo-croata e da una dittatura centro-unitarista serba, economicamente messa in ginocchio prima dal difficilissimo dopoguerra e dopo dalla crisi economica degli anni '30, si trovò dopo solo venti anni di esistenza con fortissime tensioni latenti, la cui esplosione avrebbe provocato la distruzione dell'intero Paese.

Da quando, infatti, il 6 Aprile 1941 le truppe della Germania nazista invasero il Regno jugoslavo, bastarono soltanto quattro giorni perché i Croati proclamassero a Zagabria lo Stato Indipendente Croato, sotto l'egida del III Reich; dopo soltanto un’altra settimana, poi, precisamente il 18 Aprile 1941, l’esercito jugoslavo capitolò di fronte all’incedere inarrestabile delle truppe tedesche: si andava così realizzando un vecchio disegno pangermanista.

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VENEZIA '67 di Roberto Ferretti

Al festival di Venezia sempre più spesso, negli ultimi anni, la nostra attenzione è stata rivolta alle rassegne collaterali, come la “settimana internazionale della critica” o “ Le giornate degli autori”. Con grande capacità di muoversi nell’ambito internazionale delle produzioni, indipendenti gli organizzatori di queste due sezioni, sono puntualmente in grado di presentare al pubblico della mostra lavori sempre più convincenti che meriterebbero altrettanta attenzione dei nostri distributori.

Nell’ambito della rassegna “Le giornate degli autori”, abbiamo assistito ad uno degli incipit più coinvolgenti degli ultimi anni: una scena girata al rallentatore, musica rilassante in forte contrasto con le immagini. In un non ben identificabile conflitto bellico tra i tanti dimenticati, dei militari radono a zero un gruppo di bambini, forse prigionieri, un notaio dall’altra parte del Mondo, ai giorni nostri, da apertura ad un testamento contenente le ultime sconvolgenti volontà di una madre nei confronti dei propri figli gemelli, in una città del Canada.
Così inizia una delle più belle pellicole della sezione Venice Days, il film franco-canadese “Incendies” del regista Villenevue tratto dall’omonima pièce teatrale di Wajdi Mouawad. Una sceneggiatura pressoché perfetta, un trama che disorienta ma trascina lo spettatore tanto quanto i protagonisti del film. I figli poco più che ventenni, un maschio ed una femmina, devono consegnare una busta ad un padre e ad un fratello maggiore dei quali ignoravano l’esistenza, questo vuole una madre, dal passato oscuro, per poter riposare in pace.

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